mercoledì 23 marzo 2011

Alle 4:00 (sharp!)

Ero ad una conferenza su non so cosa la prima (ed unica volta) che impattai con questo termine inglese: sharp. Ricordo davvero poco di quella giornata, nè come ci finii nè come finì. Ricordo solo che ci andai con una fanciulla verso la quale provavo una più che giusta adorazione. E questo potrebbe in effetti suggerire qualcosina riguardo alle motivazioni per le quali mi trovavo lì.

Ero assorto in uno stato contemplativo tutto preso ad incamerare il maggior numero di nozioni che quella conferenza così abbondantemente elargiva quando, tutto d'un tratto, il mio stato di assorbimento intellettuale, che per soli insignificanti aspetti era assimilabile a quello di morte apparente, deve aver subito un improvviso scossone, portandomi da un livello di coma ad uno giusto un poco più presente.

"In punto".

Due occhi felini mi squadrarono per un istante mentre una voce distaccata ma angelica si prodigava ad inserirmi nuova nozione nella cavesa. Sarà che ero appena tornato da uno stadio di forte concentrazione, sarà che la fanciulla proprio quel giorno decise di mettere una gonnellina sbarazzina (che di certo non aiuta l'attenzione), ma io lì per lì non collegai bene i due avvenimenti. Valutata bene la situazione comunque decisi che non fosse il caso di dare sfoggio della mia intelligenza e produrmi in un trogloditico "ehhh???" così assunsi un'espressione di seria comprensione e, guardandola dritta negli occhi, a labbra strette e sguardo meditativo, in sincrono con un singolo assenso della capoccia ci piazzai un astuto mugolio che ben si presta in queste occasioni.

Come mio solito, ma a ben vedere anche peggio del mio solito (ma solo perchè il ricordo della gonnellina aveva monopolizzato buona parte della mia capacità elaborativa) ci impiegai un numero disumano di ore per comprendere cosa la fanciulla mi avesse detto e cioè che sharp, in inglese, significa "in punto". E la sveglia CAI, la domenica mattina, doveva essere necessariamente messa alle 4:00. Sharp!

Capii subito come affrontare la cosa ed escogitai un piano bellico di sveglia che non brillava magari per intelligenza ma in quanto ad efficacia non lo batteva nessuno! Non dormivo. Mi è geneticamente impossibile riuscire a prendere sonno se so che mi devo svegliare ad un'ora così assassina. Semplicemente resto lì, a letto, ad attendere vigile il suono della sveglia. Non mi riesce di addormentarmi e siccome sono un ottimista per natura, so che non mi riuscirà mai. Ed un disadattato dissociato invertebrato come me ha un solo modo di passare una nottata sveglio: in chat.

All'epoca chattavo da fanciulla, perchè richiede uno sforzo minore in termini di aspettative. Ad una fanciulla, in chat, si dà subito un credito di intelligenza. A priori. Un fanciullo invece la deve dimostrare. Sempre. Ma per quanto le ore notturne non abbiamo mai scalfitto un neurone delle mie facoltà intellettive, anzi, caso mai le migliorano, il dover comunque dimostrare qualcosa reca sempre un certo livello di affaticamento. E fu così che per ozio della zucca, mi trasformai in fanciulla.

Tra le molte chat di quel periodo che comunque, malgrado la mia spiccata indole femminile, poco si distaccavano dai soliti rituali delle mie stesse al maschile, ovvero insulti, anatemi e auguri di morte di ogni tipo, più spesso che con altre mi trovavo a chattare, sino a tarda serata, con una moglie mamma di due bimbi. Per spirito di aggregazione, mi sembrò carino che anch'io avessi due bimbi piccini. E così, mi ritrovai mamma...

Non era raro che ci scambiassimo simpatici aneddoti sulla nostra progenie, racconti di birbonate, birichinate e di quei piccoli gesti che, se commessi dal proprio bimbo, diventano per una madre un qualcosa di infinitamente ilare. Per me quelli erano i momenti più difficili perchè, devo ammetterlo, non è che sia proprio una scienza in fatto di bimbi e quelle, per fortuna, poche volte che non potevo esimermi dal raccontare anch'io qualcosa, più che parlare della realtà, mi sembrava ogni volta di dover varcare le porte della fantascienza. Io, che se vedo un bimbo di due anni lo posso con tutta tranquillità scambiare per uno di sei, in quel periodo mi devo essere espresso in un tale bestiario di inettitudini educative che quella povera mamma avrà di certo pensato che fossi una alcolizzata, cocainomane e con un sicuro passato di meretrice. Se poi ci aggiungiamo un dichiarato atteggiamento saffico... il quadro era davvero completo :|

Il pulman CAI sostava davanti al McDonald's di Loreto in un'ora in cui i baldi giovani concludevano una magnifica nottata mentre noi ci apprestavamo a cominciarne un'altra. Io più o meno stavo nel mezzo.

La puntualità era d'obbligo e l'imbarco rapido. L'attrezzatura andava posta negli appositi spazi sotto il pulman. Sci da una parte, scarponi dall'altra. Gli umani di sopra. Anche se a me di umano, una volta sul pulman, restava ben poco. Il sonno ormai aveva rotto gli argini innondandomi la mente di un torpore tale da lasciarmi attive solo le funzioni cerebrali più primitive, la più urgente delle quali era dormire. Con la mia ridotta capacità motoria ed uno sguardo che lasciava intendere una affinità intima con l'alcolismo, cercavo il posto che meglio mi ispirasse tranquillità e mi ci piazzavo sopra nella speranza che uno stato di incoscienza totale mi rapisse e mi riportasse su quel pulman quando ormai gran parte del viaggio era andato. Il che non accadeva mai! In verità, lo stato in cui piombavo era in effetti quello che meglio di altri mi rappresentava, ovvero di semi subnormalità intellettiva con rapidi passaggi tra il dormiveglia e le allucinazioni. E questa agonia non faceva altro che aumentare notevolmente la pesantezza del viaggio perchè avere sonno e non riuscire a dormire è molto peggio di non riuscire a dormire perchè non si ha sonno.

Le prime luci dell'alba, unite al fatto che cominciavo a vedere il mio vicino di posto come una enorme tazzina da capuccino, erano le prime avvisaglie che di lì a poco ci sarebbe stata la tanto agognata sosta colazione, che rappresentava definitivamente la fine della nottata e l'inizio di una nuova giornata.

Ma questa è un'altra storia e noi voltiamo pagina.

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